giovedì 22 dicembre 2011

Ho trovato questo sito molto interessante

lunedì 27 aprile 2009

Costi della Chiesa.Un po' di chiarezza

Risposte dettagliate ad una recente campagna di stampa
La Chiesa come la politica? Con un notevole sforzo, parecchie omissioni e un pizzico di demagogia, perché no? È l’operazione tentata ieri da Repubblica, ben tre pagine firmate da Curzio Maltese , coadiuvato da Carlo Pontesilli e Maurizio Turco. Alla fine delle quali, a forza di 'all’incirca' e di 'stime', di ipotesi e di proiezioni, si conclude che la Chiesa 'costa' agli italiani più di quattro miliardi di euro all’anno, 'una mezza finanziaria, un Ponte sullo Stretto o un Mose'. Detta così, fa impressione. Malachiesa uguale a malapolitica, soldi a palate, agio e ricchezza. Chi però frequenta una parrocchia strabuzza gli occhi: dov’è tutta questa ricchezza? Nella parrocchia vicina, forse? No. Che si intaschino tutto i vescovi? La grande foto furba di pagina 31, con il dettaglio di una croce pettorale e un anello episcopale, e il titolo 'I soldi del vescovo', potrebbero ammiccare in tal senso. Le remunerazioni di preti e vescovi sono cifre pubbliche, però omesse dalla Repubblica che pure riproduce le due tabelle sull’otto per mille, di fonte Cei. Perché? Sono stipendi non abbastanza alti per suscitare riprovazione, o così bassi da indurre un effetto contrario? Poiché la verità non è valida se non la si dice per intero, diamo un aiutino a Maltese e ai suoi collaboratori.Quanti euro in carità? Su 5 euro incassati dal gettito Irpef - è in evidenza in un sommario - 1 va alla carità. Il resto tra culto e immobili'. Non è corretto leggere l’impegno della Chiesa nel nostro Paese attraverso la schema rigido di un rendiconto amministrativo, impostato secondo le voci di spesa - che devono rispondere alle formulazioni di legge - ammesse con i fondi dell’otto per mille destinati alla Chiesa. L’attività concreta non è catalogabile solo secondo alcune voci, generiche e imprendibili. Per dire: il prete che ispira e anima un progetto di carità finisce sotto la voce 'sostentamento del clero'. I volontari della carità sono formati attraverso progetti pastorali. E mense, centri di ascolto e case d’accoglienza, immobili a servizio della carità, finiscono sotto la voce 'culto e pastorale'. La parrocchia stessa educa alla carità e compie in prima persona opere di carità: sotto quale voce la mettiamo? A proposito di preti, nel sistema ne sono inseriti circa 38 mila, di cui appena tremila in 'quiescenza', vale a dire in pensione. Chi ha un parroco ottantenne, sa bene che in pensione un prete non ci va mai, e 'molla' soltanto quando il fisico non gli regge proprio. Quanto 'costa un prete'? Costa poco, rende tanto e non si ferma mai. E chi serve? Soltanto i battezzati, soltanto i praticanti? No, è a servizio di tutti. 6.275 interventi in 15 anniTanto improvviso interesse per le opere di carità della Chiesa italiana è sorprendente. Due anni fa il Comitato per gli interventi caritativi del Terzo Mondo (con i fondi otto per mille) pubblica 'Dalle parole alle opere', un volume di 386 pagine con il resoconto dettagliato, con nomi, indirizzi, tipo d’intervento e cifre al centesimo, dei 6.275 interventi finanziati in tutto il mondo tra il 1990 e il 2004, per un totale di 719 milioni di euro. Grazie alla generosità degli italiani, si è passati dai 13 milioni di euro del 1990 ai 66 del 2003. Ebbene, di quel resoconto non parlò nessun giornale: disinteresse totale, allora. Oggi insinuazioni, genericismi. No, signori, è tutto documentato. Basta aprire il documento, che è già nelle vostre redazioni.Otto per mille, ecco chi firmaL’otto per mille stesso è ancora, in larga parte, un oggetto sconosciuto. Gli italiani firmano in massa per la Chiesa cattolica? Occorre sminuire il risultato. Maltese ci prova: 'Il 60 per cento dei contribuenti lascia in bianco la voce 'otto per mille' ma grazie al 35 per cento che indica 'Chiesa cattolica' (…) la Cei si accaparra quasi il 90 per cento del totale'. Il 35 per cento, una minoranza dunque… Intanto, a partecipare con la firma sono 16 milioni di italiani: in assoluto, non pochi. Se poi consideriamo chi presenta il 730 o l’Unico, i firmatari sono il 61,3 per cento, una percentuale superiore a quella di molte consultazioni assimilabili a questa. Ad abbassare la percentuale sono i 13 milioni di italiani che non sono obbligati a presentare la dichiarazione, chi ad esempio ha il solo Cud. Costoro - nella grande maggioranza anziani, spesso soli - sono costretti a operazioni complicate e scoraggianti: qui infatti la percentuale di firme si riduce all’1 per cento. Sulla configurazione sociologica degli anziani tuttavia ci sono studi a non finire. Perché non fate, signori, anche qui una proiezione ponderata?L'otto per mille, strumento democraticoMagari tutti firmassero e firmare fosse per tutti agevole. Un’indagine del 2006 sul consenso degli italiani all’operato della Chiesa parla di un giudizio molto o abbastanza positivo da parte del 70 per cento della popolazione; nel 2001 era del 60. È un secondo indizio della stima di cui gode la Chiesa, per Maltese 'non eletta dal popolo e non sottoposta a vincoli democratici'. Non è esattamente così. L’otto per mille non dà alcuna garanzia alla Chiesa, che ogni anno si sottopone al giudizio (democratico) dei cittadini, che possono darle la firma o rifiutargliela. Le garanzie, se così vogliamo chiamarle, c’erano semmai prima del Concordato del 1984, quando ancora i preti privi di altri redditi ricevevano dallo Stato il cosiddetto 'assegno di congrua', che veniva dato in sostituzione dei beni ecclesiastici incamerati dallo Stato nell’Ottocento. Garanzie a cui la Chiesa ha rinunciato, in accordo con lo Stato, rimettendosi alla volontà degli italiani. L’otto per mille è una forma di democrazia diretta applicata al sistema fiscale, che qualche nazione ha copiato e mezza Europa ci invidia.Le quote? Decide l’AssembleaE la parte di otto per mille che va alle singole diocesi? Il servizio di Maltese insinua che sia una forma di ricatto da parte della presidenza della Cei, per premiare i vescovi docili e punire gli indocili, che difatti non ci sono perché, secondo lui, tutti tacciono, tranne qualche emerito. Naturalmente le cose non stanno così. Non è assolutamente vero che due o tre decidono per tutti. La quota per le diocesi - decretata ogni anno dall’Assemblea generale dei vescovi per alzata di mano - viene distribuita per una parte in porzioni uguali a tutti, per un’altra quota in base alla popolazione. Dunque, criteri oggettivi. Certo, le diocesi devono rendere conto al centesimo di come hanno destinato la propria quota di otto per mille. Per legge. Ma anche gli altri contributi, come quelli per edificare i centri parrocchiali o restaurare i beni culturali, vengono distribuiti secondo precisi regolamenti, criteri e controlli oggettivi. Ma davvero Curzio Maltese pensa che i vescovi siano un’accozzaglia di gente sprovveduta che attendeva Repubblica per aprire gli occhi? Ici, tutti gli esentiVerrebbe voglia di lasciar perdere il capitolo Ici e Irap. I nostri lettori sono stanchi di leggere precisazioni ostinatamente ignorate dai soliti giornalisti. Per i dipendenti laici, diocesi ed enti ecclesiastici pagano l’Irap; non così se si tratta di sacerdoti che è difficile immaginare come meri impiegati. Tutti però, laici e preti, pagano Irpef e contributi. Quanto all’esenzione dall’Ici prevista dalla legge 504 del 1992, e che fino al 2004 non aveva suscitato nessun problema, essa riguarda tutti gli enti non commerciali, categoria nella quale rientrano certamente gli enti ecclesiastici ma che comprende anche: associazioni, fondazioni, comitati, onlus, organizzazioni di volontariato, organizzazioni non governative, associazioni sportive dilettantistiche, circoli culturali, sindacati, partiti politici (che sono associazioni), enti religiosi di tutte le confessioni e, in generale, tutto quello che viene definito come il mondo del non profit. Gli alberghi pagano, le case per ferie o le colonie no. A un albergo non basta la cappellina per non pagare, anzi dovrà pagare l’Ici anche sulla cappellina; e i Comuni hanno gli strumenti per accertare se qualche albergo, chiunque ne sia il proprietario, si 'traveste' da casa d’accoglienza. Anche qui, niente trucchi.I conti in tasca'Fare i conti in tasca al Vaticano…' scrive Maltese . Ci risiamo. Confondere la Cei (vescovi cittadini italiani a servizio del Paese) con il Vaticano è errore da bocciatura all’esame da giornalista. Eppure ci tocca ancora leggere dell’'otto per mille al Vaticano'. Citare 'come fonte insospettabile' la Cei va benissimo, i problemi sorgono quando ti ritrovi citato a metà, e la metà omessa è regolarmente quella scomoda all’autore dell’inchiesta. Quanto alla presunta scarsa libertà all’interno della Chiesa, è curioso che Maltese e collaboratori riportino proprio le cifre rese note (non nascoste) dalla Cei, e citino due giornalisti cattolici. La prossima puntata, per dirla davvero tutta? Non 'i soldi del vescovo', ma… 'i debiti del vescovo'. Aiuta, sfama (la pancia, ma soprattutto l’anima), educa, costruisci e ripara… Alla fine è difficile non finire in rosso. Il rosso di chi restituisce tutto quello che riceve dagli italiani, e oltre.
----------------Disinformazia, parte seconda. Ieri su Repubblica la triade Maltese -Pontesilli-Turco ha rifilato ai suoi lettori 'I soldi del vescovo- 2', una seconda dose di totali menzogne e mezze verità a proposito dell’otto per mille, dopo la prima di venerdì scorso. I tre sembrano ignorare le nostre puntuali confutazioni del giorno dopo, fino a sparare questo titolone: 'Dove finisce l’otto per mille, segreto da un miliardo di euro'. Curzio Maltese scrive che Avvenire «pubblica per la prima volta il resoconto sul numero del 29 settembre ». Segreto? Per la prima volta? A Maltese, troppo indaffarato a scrivere per perdere tempo a leggere, perfino il suo giornale, sfugge che ogni anno la Cei acquista una pagina di Corriere della sera, Repubblica e Sole 24 Ore (oltre ad Avvenire), dove pubblica il resoconto. Maltese ce l’ha da sempre sotto il naso, il 'segreto'. Ma procediamo con ordine, limitandoci alle cose essenziali.I costi? Trasparenti «La campagna 2005, secondo il Sole 24 Ore, è costata alla Chiesa nove milioni di euro. Il triplo di quanto poi la Chiesa ha donato alle vittime dello tsunami, tre milioni», tragedia ricordata in uno spot. Maltese sa perfettamente, se ha letto la nostra pagina di sabato, che gli interventi per il Terzo mondo sono stati finora 7.772. Tra di essi, c’è anche quello a favore delle popolazioni colpite dallo tsunami. E tanti sono gli spot che illustrano tanti altri interventi. Sono andati in onda spot sulla carità, sui preti, sul culto e sulla pastorale, perfino sulla pastorale dei marittimi e dei non vedenti, sui restauri, eccetera. Chi li avesse persi in tv, può visitare il sito www.8xmille.it (ci sono pure gli accessi per ipovedenti e non vedenti) e ripassarseli tutti, e poi liberamente giudicarli. Nello stesso sito, a proposito di segreti, c’è un corposo documento in formato pdf sui rendiconti 1990-2006. Dimenticavamo: la fonte del Sole 24 Ore è la Chiesa stessa; basta visitare il sito appena citato. Nel 2006 al Terzo Mondo sono andati 80 milioni. E i 9 della campagna sono serviti anche a parlare delle altre destinazioni dell’otto per mille, compresa la remunerazione dei preti. Maltese scrive una colossale falsità: «La Chiesa cattolica è l’unica a non dichiarare le spese pubblicitarie, riprova di scarsa trasparenza». Basta andare al sito appena citato, seguire il percorso 'informazioni' e 'quesiti', ed ecco il quesito numero 10: «Quanto investe la Chiesa cattolica per la comunicazione dell’8 per mille? ». Risposta: «Si investono circa 9 milioni all’anno, con una incidenza media pari solo a meno dell’1% dei fondi raccolti (eccetera)». Tanto o poco? Per capirci, chi volesse scrivere personalmente a tutti i 40 milioni di contribuenti italiani, solo per lettera, busta e francobollo spenderebbe 32 milioni. Da dieci anni, la Chiesa cattolica non fa cartelloni stradali. Quello che appariva ieri a pagina 35 di Repubblica risale al 1990. 5 e 8 per mille: ecco chi firmaMaltese confronta 5 e 8 per mille: «Al 5 hanno aderito (firmato, ndr) il 61 per cento dei contribuenti, contro il 40 dell’8 per mille». Peccato che per il 5 per mille firmi solo chi consegna la dichiarazione (Unico e 730); tra questi, le firme per l’8 per mille sono praticamente identiche: 61,3 per cento, come avevamo documentato sabato. Chiesa cattolica senza garanzieC’è poi la vecchia questione di chi non firma affatto. In Spagna, le 'non firme' finiscono allo Stato, scrive Maltese . È vero. Però dimentica di aggiungere un dettaglio: in Spagna la Chiesa cattolica ha un 'minimo garantito' che in Italia non ha. La Chiesa cattolica italiana non gode di alcuna garanzia e dipende solo ed esclusivamente dagli italiani, che oggi la sostengono, domani chissà. In Germania invece vige la 'tassa per il culto', obbligatoria, a meno che un contribuente non si cancelli dalle liste diocesane. Una simile 'conta' dei rispettivi fedeli è auspicabile anche in Italia? Lo escludiamo. L’otto per mille viene ripartito per intero, per lo stesso motivo per cui, quando andiamo a votare, tutti i seggi vengono assegnati, a prescindere dagli astenuti. Chi si astiene si rimette alla volontà dei votanti. Ma va detto che l’otto per mille non sono 'soldi dello Stato', ma una porzione delle tasse che i cittadini versano allo Stato e che lo Stato stesso, in un esemplare meccanismo di democrazia diretta, mette a disposizione dei cittadini, chiedendo loro: a chi volete che sia ridistribuito? Molte altre sono le falsità dell’inchiesta. Una particolarmente antipatica è la frase tra virgolette, datata 1996, attribuita a quello che Maltese definisce 'cassiere pontificio', monsignor Attilio Nicora, in realtà allora in forza alla Cei: «Lo Stato non doveva fare concorrenza scorretta alla Chiesa». Frase mai letta né sentita. Maltese è in grado di indicare la fonte? Restituiamo quanto ci viene datoScrive poi Maltese : «Dal 1990 al 2007, l’incasso per la Cei è quintuplicato e la spesa per gli stipendi dei preti, complice la crisi di vocazioni, è scesa alla metà, dal 70 al 35 per cento». Assurdo. I preti inseriti nel sistema sono semmai aumentati e la loro remunerazione è rimasta costante. Ad aumentare sono state le firme a favore della Chiesa e il gettito Irpef; in questo modo la percentuale necessaria per provvedere ai preti è diminuita e si sono liberate maggiori energie per carità, culto e pastorale, destinazioni definite per legge, che campeggiano chiare, da sempre, nell’apposito spazio della firma. Dispiace poi leggere questa affermazione attribuita alla moderatrice della Tavola Valdese: «I soldi arrivano dalla società e vi debbono tornare. Se una Chiesa non riesce a mantenersi con le libere offerte, è segno che Dio non vuole farla sopravvivere». Cara moderatrice, quanto poco conosce la Chiesa cattolica. Tutti i soldi dei cittadini tornano ai cittadini, perché i preti sono a loro disposizione, e così pure le parrocchie, gli oratori, le strutture di accoglienza, tutto. La carità va a tutti, senza distinzione di fede o etnia. L’educazione è a favore dell’intera società. E l’otto per mille è soltanto una minima parte di ciò che la Chiesa riceve e ridistribuisce. Molto, molto di più arriva dalle libere offerte alle parrocchie, ai missionari, ai conventi. I preti italiani sono circa 39 mila e per metà del loro fabbisogno complessivo provvedono già la Chiesa e i fedeli. Solo per la restante metà si ricorre all’otto per mille. Quanto alla volontà di Dio, cara moderatrice, quella è nel cuore di Dio. E Dio non ha bisogno di suggeritori.(di Umberto Folena, Avvenire, 29 settembre e 4 ottobre 2008)Speriamo che gli italiani comincino ad aprire gli occhi invece di credere a tutte le baggianate anticlericali...


Eccomi qua...oggi nasce ufficialmente il mio blog....